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"Truth Withheld", il libro di James T. Tague

Ultimo Aggiornamento: 01/05/2005 12:59
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18/04/2005 09:59

Dal mio libro "ecco chi ha ucciso John Kennedy", pp. 352-355 (Bisiach e Tague):
c) Il terzo ferito di Dallas (p. 324): qui Bisiach riporta che nel maggio del 1967 (in realtà era il 1968, N.d.A.), con l'aiuto del suo amico giornalista Jimmy Kerr, riuscì a "rintracciare il terzo ferito di Dallas, James Thomas Tague, che si nascondeva da mesi perché temeva di essere ucciso (v.qui pp. 110-111, 113, 275). Su "L'Europeo" del 12 dicembre 1975 dice invece che "Tague scomparve dalla circolazione per alcuni anni. Fui io a scovarlo insieme al giornalista texano James Kerr jr. e lo intervistai nell' aprile 1968". Nel servizio pubblicato su "L'Europeo" n.19 del 9 maggio 1968, e ristampato integralmente nel suo libro, Bisiach aggiunge: "Tague ha importanti verità da rivelare su quel giorno fatale. Finora non aveva mai parlato. Le minacce e la paura lo paralizzavano. Oggi per la prima volta Tague racconta la sua storia. Ha rotto il silenzio e ci ha concesso questa sensazionale intervista esclusiva". In una didascalia pubblicata sul n. 24 di "Gente" dell' 11 giugno 1969, p.59 (Francamaria Trapani), Tague è " il testimone sconosciuto rintracciato da Bisiach". Ne "Il Presidente" Bisiach chiede a Tague come mai si sia deciso a parlare dopo quattro anni e Tague risponde: "Nel 1964 mi prefissi di restare lontano da quel pasticcio. Molti altri testimoni venivano tempestati di telefonate o sottoposti a rappresaglie crudeli perché avevano parlato... Ma finalmente mi sono reso conto che non potevo tenere dentro di me tutto quello che sapevo. Avevo il dovere di parlarne. Così ho deciso di rendere l'intera testimonianza su ciò che accadde realmente a Dallas in quel giorno terribile". Tague prosegue raccontando di aver pensato che il proiettile di rimbalzo, che provocò le schegge di granito del marciapiede che lo ferirono di striscio alla guancia, provenisse dal poggio erboso: i poliziotti e gli uomini dello sceriffo ai quali si rivolse, tutti presi dalle voci di uno sparatore avvistato al sesto piano del deposito di libri, non prestarono molta attenzione a questa sua osservazione, suggerendogli di recarsi a rendere testimonianza al più vicino commissariato. Tague prosegue sostenendo che agenti dell' FBI andarono a interrogarlo a casa sua e gli sembrò che fossero poco interessati alla sua storia, perché, a suo avviso, la pallottola che lo aveva colpito contrastava con il numero di colpi e le traiettorie prefabbricati dai servizi segreti. Tague poi dichiara che la sua deposizione alla Commissione Warren fu pubblicata in modo vago e riduttivo. Bisiach riporta quanto dice il "Rapporto", ma aggiunge:"Un teste come James Tague, che ha acconsentito a parlare con noi per la prima volta dopo quel giorno, mette in seria difficoltà le tesi ufficiali del Rapporto Warren: molti critici del Rapporto...hanno sostenuto che...alcuni colpi, se non tutti, partirono dal poggio erboso davanti al corteo presidenziale. E' quello che ora sostiene con assoluta sicurezza Tague, e non è il solo testimone ad affermarlo". Questa inchiesta di Bisiach su "L'Europeo" è montata in modo da apparire come uno scoop: Gianni Bisiach scopre l'uomo di cui non si sapeva nulla, l'uomo che si nascondeva per timore di contrastare Warren, il terzo ferito di Dallas che finalmente si è deciso a raccontare la verità. E' un articolo giornalisticamente di molto effetto, ma non lo ritengo credibile. Vediamo perché. Tague, dopo il suo ferimento, si recò alla Squadra Omicidi per rilasciare la sua testimonianza, ma la cattura di Oswald scombussolò la Centrale di polizia, impedendo di verbalizzare il suo racconto. In un primo tempo un passante colpito dalle schegge di un marciapiede non fu ritenuto in realtà molto importante, rispetto alla scoperta del fucile e dei bossoli avvenuta poco prima nel Book Depository. Tague, nell'intervista di Bisiach pubblicata su "L'Europeo", aggiunge che il punto del marciapiede, colpito con evidenza dal rimbalzo di un proiettile, fu visto pochi secondi dopo gli spari dal vicesceriffo Eddy R. Walthers e dall'agente di polizia Gerald Lynn Hill, che radiotrasmise la notizia del ferimento di Tague alla Centrale (Warren Report, p.116). La traccia fresca della pallottola fu poi fotografata dal reporter Tom Dillard e dal giornalista James R.Underwood (Weisberg, Chi..., p. 399). Inspiegabilmente, l'FBI non cita Tague nel suo rapporto in cinque volumi consegnato a Earl Warren il 9 dicembre 1963. Ripeto che è probabile che l'episodio dello spettatore colpito da schegge non avesse ancora acquisito l'importanza che ebbe poi con la ricostruzione della sequenza degli spari, in base al successivo studio del film di Zapruder. Con imperdonabile e incomprensibile negligenza, tuttavia, la Commissione Warren chiese all' FBI di occuparsi di Tague e del pezzo di marciapiede colpito in Main Street solo il 7 luglio 1964. Tague fu interrogato dalla Commissione il 23 luglio 1964. Il pezzo di cordonatura fu asportato da Main Street il 5 agosto e inviato a Washington. Il 12 agosto i periti dell'FBI, con un esame spettrografico, individuarono frammenti di piombo con tracce di antimonio, segno che la camiciatura blindata di lega di rame del proiettile originario si era spaccata urtando un altro oggetto prima del marciapiede vicino a Tague, e liberando il nucleo interno fatto appunto di piombo. Il Rapporto Warren riporta correttamente questa circostanza, concludendo di non poter tuttavia stabilire quale pallottola o frammento di pallottola può aver scalfito il bordo di cemento provocando la scheggia che ha ferito Tague (Warren Report, p. 117). A dispetto delle sue dichiarazioni a Bisiach, secondo le quali la direzione di provenienza dei colpi sembrava essere il poggio erboso, Tague dichiarò alla Commissione che "da quello che chiamate il monumento...c'era qualcuno che sparava dei petardi". Per "monumento" Tague dovrebbe indicare la pergola di cemento bianco dalla quale Zapruder stava filmando il corteo. In un'intervista rilasciata a Gerald Posner il 19 e il 20 gennaio 1992, Tague ha detto che l'intaccatura sul marciapiede era "in perfetto allineamento" (it lined right up with) con il Texas School Book Depository (Posner, p. 325) e di non ricordare quale dei colpi l'avesse ferito di striscio alla guancia. Le foto scattate da Bisiach a Tague nella Dealey Plaza di Dallas nel 1967 dimostrano proprio il contrario di quanto le didascalie dell' Autore vorrebbero suggerire: in una si vede Tague completamente di spalle, in piedi sul bordo di Main Street dove si trovava durante l'attentato, mentre guarda il Depository. Egli era praticamente quasi ai piedi del cavalcavia, molto più avanti del punto in cui Kennedy fu ucciso dal colpo alla testa. Sulla linea della sua spalla sinistra si vede infatti sporgere il bulbo bianco del lampione stradale sul marciapiede opposto di Elm Street, situato poco prima della scaletta di pietra che scende dal poggio erboso. Kennedy fu colpito l'ultima volta, come si vede dallo schema dell'attentato pubblicato da Bisiach, pochi metri prima di giungere davanti alla scaletta. Mi chiedo: se l'ipotetico tiratore scelto del poggio erboso mirava all'auto di Kennedy, che scendeva dalla sommità di Elm Street verso di lui, e doveva quindi puntare l'arma verso la sua sinistra, come poteva esplodere un colpo che rimbalzasse vicino alla postazione di Tague, ossia alla sua destra? Contro quale ostacolo avrebbe dovuto urtare per rimbalzare tornando indietro fino al tombino dove stazionava Tague? La foto pubblicata da Bisiach rivela proprio il contrario di ciò che vorrebbe dimostrare anche perché vi si vede Tague perfettamente allineato con la traiettoria di colpi provenienti dalla finestra del Book Depository. Nel febbraio e nell'agosto 1993 ho filmato e fotografato questo punto della Dealey Plaza e ho trovato perfettamente plausibile la direzione rettilinea del proiettile, sparato dal sesto piano del magazzino, che colpì il bordo del marciapiede di Main Street col nucleo di piombo e l'asfalto di Elm Street con la camiciatura di rame, dopo essersi aperta urtando un ramo della quercia posta ai piedi del magazzino di Oswald. Tague non aveva e non ha mai avuto più nulla da aggiungere rispetto a ciò che disse allora alla Commissione, però riferisce a Bisiach di essere sparito dalla circolazione dopo la sua testimonianza: non, come vorrebbe far intendere, perché riceveva minacce dalla polizia o dall'FBI per le sue dichiarazioni "scomode" o che davano fastidio alle tesi precostituite sulla sparatoria. Infatti Tague dice che "molti altri testimoni venivano tempestati di telefonate e lettere minatorie". Non afferma mai di averle ricevute lui, quelle minacce. Diciamo che ha voluto evitare le normali seccature che chiunque esca dall'anonimato deve sopportare. Non dimentichiamo che nel 1964 la Dallas conservatrice, la maggioranza di destra dei cittadini, voleva chiudere al più presto il capitolo "assassinio Kennedy" e i più estremisti possono aver disturbato con telefonate o altro i loro concittadini che "non si facevano i fatti loro" e infangavano la BIG D, la grande Dallas, testimoniando davanti a Warren. Questo è senz'altro un motivo plausibile. Improvvisamente, nel 1968, Tague si risveglia (bisogno di denaro?) e decide di raccontare, in sostanza, le stesse cose dette alla Commissione Warren: niente di nuovo,insomma. Almeno per gli "addetti ai lavori". Non è Bisiach a scovarlo nel suo nascondiglio e ad averne l'esclusiva. Tague infatti appare anche nelle interviste filmate a Dallas da Mark Lane nel marzo 1966: una breve sequenza di questo incontro con Lane è stata inserita nel film di John Barbour The Kennedy Assassination. The Garrison Tapes. Inoltre, "The National Enquirer" del 7 aprile 1968, un mese prima del nostro Autore, titola alle pagine 16-20: "Man Wounded in Assassination of JFK finally Talks (Finalmente parla l'uomo ferito nell'attentato a Kennedy)". Probabilmente Tague si rimette in circolazione da sé sul "mercato" delle interviste in un momento favorevole: l'inchiesta Garrison è in corso, il Clark Panel sta riesaminando l'autopsia di Kennedy, una legione di autori complottisti ha scritto o sta scrivendo le critiche al Rapporto Warren, Martin Luther King è appena stato ucciso e Bob Kennedy cavalca verso la Casa Bianca. Le interviste a pagamento sono normali negli Stati Uniti e il giornalista Jimmy Kerr potrebbe aver preso un pò di soldi aiutando Bisiach ad avere Tague in esclusiva: non certo mondiale, ma almeno per l'Italia. Un giornalista locale che faccia da tramite a un collega italiano è quasi normale. Anche Oriana Fallaci retribuisce un suo amico reporter locale perché la guidi alle persone e ai luoghi di Dallas legati all'attentato. E Igor Man scrive: "Con un po' di dollari dati alla persona giusta, riuscii a intervistare la madre di Oswald". Altro tramite di Bisiach a Dallas è il reporter del "Dallas Morning News" John Tuckett, presentato dall'Autore come "il giornalista che si trovò più vicino di tutti a Kennedy al momento dell'assassinio". A me questo non risulta: Tuckett non è citato in nessuno degli elenchi degli spettatori, tutti individuati, presenti in Elm Street durante l'attentato e schedati dalla Commissione Warren. Mark Lane li elenca tutti: sono 266. I reporter più vicini a Kennedy erano Kilduff, Smith, Bell, Baskin e Clark nell'auto riservata alla stampa; Dillard, Jackson, Couch e Underwood in quella dei fotografi; James W. Altgens, dell'Associated Press, e Joseph Featherstone, del Dallas Times Herald, lungo Elm Street. Per concludere su Tague, aggiungo che Bisiach lo presenta come "la carta più importante nell'inchiesta del giudice Jim Garrison". Tague non è stato assolutamente la carta più importante di Garrison: nel suo libro "Sulle tracce degli assassini", su quasi quattocento pagine nell'edizione italiana, il Procuratore Distrettuale gli dedica infatti solo cinque righi, a pagina 19.
Diego Verdegiglio
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