00 24/04/2004 14:08
Sono, ormai, trascorsi molti anni (sette!) dalla nascita di questo sito. Per quanto limitato a un argomento ristrettissimo, come tutte le esperienze, un po' come succede conoscendo compagni di viaggio in vacanza, è stato una sorta di 'calamita' per un ampio raggio di umanità: dal curioso al teppistello, dall'interessato all'indottrinato di politica, dall'appassionato di storia al saccente, dal ragazzino al pensionato, dal cinefilo allo scrittore (DV, primo fra tutti), dal giornalista al magistrato, dal colto all'ignorante, dal civile al maleducato.
Ho un archiviodi e-mail (non tutte, però, ché alcune sono andate perse) a far data dal 1997, che conta almeno 400 messaggi.

Una delle migliori che ricordi, scrittami da un professore di italiano di Genova un paio d'anni fa, mi colpì per la grande verità che celava. Il professore mi rimproverava bonariamente di avergli aperto gli occhi sul caso Kennedy: un po' come quando si scopre che Babbo Natale non esiste e non lo si vuole accettare, quel gentilissimo signore mi chiedeva, in sostanza, con chi ce la si dovesse prendere, allora, quali 'cattivi' ci fossero da odiare e da combattere anche solo idealmente.
Comprendendo che a uccidere Kennedy non erano stati 'Loro', i cattivi, il professore mi confidò di essersi lasciato prendere da un senso di sconforto, per quanto nascosto dal pudore sicché si parlava sempre di un morto ammazzato. Era un peccato, se così si può dire, che non esistesse una grande macchinazione dietro la morte violenta di un uomo così importante. Che delusione! Niente telefonate sussurrate, riunioni, tiri incrociati, depistaggi, mercenari... Solo un povero spostato.

Il professore aveva e ha ragione. Indipendentemente dai fatti, in molteplici episodi che lasciano il segno nella memoria collettiva (dalla morte di Kennedy a quella del bambino di Cogne, dalle stragi del terrorismo al mostro di Firenze) la tendenza di molte persone è quella di 'metterci del proprio'. Solo l'altro giorno, in edicola, ho trovato l'ultimo capitolo della infinita serie 'Loro ci hanno ingannato, io li ho scoperti'. Si tratta di un libro, scritto da non so chi, che afferma che l'uomo non andò mai sulla Luna e che fu tutta una macchinazione hollywoodiana per dare lustro alla Nasa.
C'è da starne certi: qualcuno ci crederà. Un po' perché non siamo, noi comuni mortali, andati di persona sulla Luna e quindi non abbiamo la prova provata; un po' perché, ed è questo il punto, tendiamo a non fidarci del 'potere'. Magari abbiamo un amico sindaco o assessore e gli chiediamo favori, ma appena il livello si sposta dove non possiamo arrivare diventiamo sospettosi. C'è qualcosa di marcio, qualcosa di oscuro in tutti i vertici politici, militari ed economici, qualcuno che ci tiene nascosto qualcosa, che indirizza le nostre opinioni e che cela segreti inconfessabili.
Perché - ammettiamolo - anche chi non arriva a credere che il viaggio sulla Luna sia un falso magari crede che la Nasa custodisca notizie segrete sugli alieni, o su una macchina del tempo, o sulla clonazione... Non che sia per forza tutto fasullo, ma è innata la tentazione di credere che, in ogni caso, ci sia qualcosa di oscuro, di non detto. Ma siccome non sappiamo di cosa si tratti ci permettiamo di stabilire noi il confine tra il vero e il falso: e così c'è chi è prudente e c'è chi invece inizia a vaneggiare.

Senza arrivare ai risibili eccessi di chi pensa a manipolatori di menti e amenità del genere (fantascienza, divertente ma irreale) effettivamente ho riscontrato, in innumerevoli messaggi ricevuti negli anni, una matrice comune. Ma insomma, mi veniva detto, pare proprio che abbia ragione lei, però accidenti... Non crede che la politica sia ugualmente corrotta? Che per i soldi e il potere si uccida? Che i mezzi di informazione siano servi dei potenti? Che qualcuno volesse Kennedy morto?

A costoro ho sempre risposto che la politica, i soldi e quant'altro, in questo caso, non c'entrano. A volte succedono cose spaventose che nascono dal nulla, come il turista idiota che butta una sigaretta in un bosco e lo incendia (e quando succede, apriti cielo: è stato un attentato, una ritorsione dei contadini, un piano contro il Wwf...), come un pusillanime che imbraccia un fucile e uccide un presidente. Forse qualcuno non vorrebbe Berlusconi, o Chirac, o Putin, o Schroeder o chi altri morto? O almeno fuori dai giochi?

Tanti di quelli che mi hanno osteggiato, anche civilmente, mi hanno dato l'impressione di voler affermare, dietro i loro messaggi di disaccordo, una sorta di autoproclamazione: io esisto, ci sono, sono intelligente e libero, non mi faccio infinocchiare da 'Loro', non mi comporto come la massa credulona che si beve tutto quello che tv e giornali propinano.
Un atteggiamento che crea spesso 'miti', come quello di un John Kennedy praticamente santo e martire dei diritti civili, nonostante sia acclarato che uno dei maggiori potentati economici degli Usa (proprio quelli detestati da chi non crede all'evidenza di Oswald colpevole) fu alla base della vittoria elettorale di John Kennedy.

Atteggiamento accettabile, certo, ma di sicuro non assimilabile al 'senso critico', che presuppone raziocinio e attento approfondimento delle questioni su cui ci si pronuncia. Dire 'non ci credo perché è la versione ufficiale' è sbagliato. Così come è sbagliato, e non smetterò mai di contestarlo, un altro atteggiamento, simile ma ancor meno condivisibile: 'Siccome di sicuro il potere uccide e mente, mi metto alla ricerca di tutti gli elementi contrari alle versioni ufficiali'. Perché sì, magari qualcosa si scopre, ma non è una ricerca della verità. E' la ricerca di una verità precostituita, in cui si crede incondizionatamente: tant'è vero che mai nella storia si creò una mole di indizi veri, mezzi veri e falsi come nel caso Kennedy, una mole che tutt'ora viene generalmente considerata attendibile.
Federico Ferrero