00 19/12/2003 12:25
La fiducia che FF ripone nello studio proposto dal sito di McAdams è davvero commovente, ma non credo affatto che risponda alle obiezioni o dimostri che entrambi i rilievi sono del tutto errati.
E del resto la presunzione non sarebbe tale se non pretendesse di dare risposte certe anche laddove non si può fare altro che delle ipotesi.
Consiglio a Ferrero di allargare i suoi orizzonti per quanto riguarda le possibilità offerte dalla rete di documentarsi sui fatti di Dallas. Fare riferimento esclusivamente a un determinato sito o a un determinato libro è un ulteriore dimostrazione di faziosità e di scarsa apertura a soluzioni alternative.
Nel sito di Michael Griffith, ad esempio, si possono acquisire informazioni molto interessanti. L’Assassination Records Review Board, che non è l’associazione mondiale dei complottisti ma un organismo incaricato di portare alla luce documenti collegati all’assassinio di JFK, a partire dal 1994, e quindi dall’anno successivo alla pubblicazione del libro preferito da Ferrero, ha reso pubblici diversi documenti che certamente non confortano le tesi ufficiali. Eccone alcuni:

• Un busta di prove dell’FBI (FBI Field Office Dallas 89-43-1A-122) che nonostante fosse vuota, indicava di aver contenuto bossoli calibro 7.65 trovati in Dealey Plaza dopo la sparatoria del 22 novembre. La busta era datata 02/12/63.
• Un altro documento induce a ritenere che un fucile semi-automatico Johnson 30.06 potrebbe essere stato usato nell’assassinio e ritrovato successivamente in Dealey Plaza, e collega strettamente questo fucile a due uomini, Loran Hall e Jerry Hemming, sospettati di essere coinvolti nell’attentato. L’FBI mostrò molto interesse per la storia e il possesso di quel fucile nelle ore precedenti la sparatoria, e il giorno successivo all’assassinio del Presidente, interrogò un uomo di nome Richard Hathcock, che aveva posseduto quell’arma, chiedendogli informazioni su un certo Roy Payne, che apparentemente sapeva molte cose riguardo al fucile. Hathcock disse successivamente:
“E’ mia opinione che il motivo per cui l’FBI cercava il signor Payne erano le sue impronte digitali sul fucile che aveva maneggiato più volte. E’ anche mia opinione che se questo particolare fucile non fosse stato trovato sulla scena del crimine, l’FBI non avrebbe mostrato interesse per esso” (HSCA 180-10107-10443).
• Il 23 novembre, durante una conversazione telefonica, Edgar Hoover informò il presidente Johnson che a Città del Messico Lee Harvey Oswald era stato impersonato. Del resto non ci sono più dubbi sul fatto che l’Oswald che chiamò l’ambasciata sovietica non era il vero Oswald.

Ma oltre a queste ed altre novità, Griffith ci propone ragionamenti molto persuasivi in riferimento ad altre circostanze già sufficientemente note. Ad esempio l’incontro tra Baker e Oswald che considero imperdibile per il modo in cui Griffith riesce a dimostrare come fosse impossibile per Baker notare la presenza di Oswald dietro la porta del pianerottolo che conduceva al refettorio, e per la logica con cui inchioda il poliziotto alle molteplici incongruenze del suo racconto.
Buona (ma soprattutto imparziale) lettura.