Il Forum di johnkennedy.it Il forum sull'assassinio di John Fitzgerald Kennedy

Il rasoio di Occam (dal libro di Polidoro)

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    Giorgio V.
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    00 15/04/2005 16:49
    Terminata la lettura del capitolo su Kennedy del libro di Massimo Polidoro "Grandi gialli della storia", una delle cose che ho trovato estremamente interessanti è stata appunto la spiegazione de "IL RASOIO DI OCCAM".

    Mentre in precedenza tendevo, spiegando la debolezza delle ricostruzioni complottiste, a utilizzare metaforicamente l'immagine di un castello di carte che crollava su sè stesso a causa di un numero sempre maggiore di carte aggiunte, quello di Occam è una spiegazione diciamo più "scientifica" [SM=g27817]

    Per chi non avesse ancora avuto la possibilità di leggere il libro, che consiglio ovviamente come approccio ai totalmente neofiti dell'argomento, ne faccio un breve sunto.

    Guglielmo di Occam, filosofo scolastico del XIV secolo, spiega come, nella scienza, la spiegazione di un fenomeno sia immancabilmente la più semplice ed adatta. In caso di spiegazioni alternative per un fenomeno, conviene scegliere le più semplici e ordinarie e scartare quelle inadatte (o straordinarie).

    Tale regola è facilmente applicabile nel caso del delitto Kennedy, dove da una parte abbiamo un solitario assassino e il suo giustiziere, mentre dall'altra siamo costretti ad accettare considerazioni che, se analizzate, porterebbero a dei madornali non-sense logici. Per esempio, resta da spiegare il motivo dell'"eliminazione" di innumerevoli testimoni scomodi, oltre che marginali alla vicenda in vari casi, e il "perdono" nei confronti di tutti coloro che hanno affermato di aver sentito e visto le prove del complotto.
    Sempre impossibile da spiegare come un complotto che prevede la sinergia delle maggiori potenze politiche, finanziarie, di spionaggio e della criminalità del tempo abbia imbastito una matassa così facilmente dipanabile da tutti i complottisti degli ultimi 40 anni.







    p.s.

    Ho mandato due mail al signor Polidoro, che ha risposto molto gentilmente ad entrambe. In una gli ho fatto notare due refusi nel testo, quando si parla di "vertebra" spezzata per Connally e non più di "costola". Nel secondo ho addirittura osato consigliarli di aggiungere una riga o due, specificando che Oswald venne messo al TSBD per casualità, solo perchè fece una migliore impressione a Truly durante il colloquio di lavoro.
    Sono state le uniche due cose che ho trovato "migliorabili" nel caso di una futura ristampa; se chi avesse letto il libro avesse notato qualcos'altro, potrebbe gentilmente farglielo notare.
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    Diego Verdegiglio
    Post: 841
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    Veterano
    00 02/05/2005 00:21
    Bob Dylan e JFK

    EVEN THE PRESIDENT
    OF THE UNITED STATES...
    ovvero
    Bob Dylan e la Casa Bianca
    (Caro Bob Dylan, tu che canti in casa Reagan...)

    di Michele Murino
    La storia musicale e privata di Bob Dylan ha di tanto in tanto incrociato quella dei Presidenti degli Stati Uniti nel corso degli ultimi 40 anni, vuoi perchè citati nelle sue canzoni, vuoi perchè incontrati personalmente, vuoi perchè oggetto di dichiarazioni da parte di Dylan. O perchè presenti in eventi nei quali Dylan si è esibito (come nel caso della performance di Bob a Washington nel corso della cerimonia per l'inaugurazione del mandato elettorale di Bill Clinton il 17 gennaio 1993).
    ...........................
    Ad occupare un posto importante nella storia artistica e non di Dylan è, nel 1963, John Fitzgerald Kennedy. Dopo l'assassinio di Kennedy, Dylan rielaborò il traditional He Was A Friend Of Mine, che già aveva cantato in passato e che è reperibile in una prima versione riadattata da Bob nel cofanetto "The Bootleg Series Vol. 1/3". Bob riprese il brano ed evidentemente sulla spinta emotiva della tragedia che aveva colpito gli Stati Uniti dedicò il brano a JFK. La canzone originale cantata da Dylan su Bootleg Series recitava: "Era un mio amico/Ed ogni volta che ripenso a lui, oggi/Oh, Signore, non posso trattenermi dal piangere/Perchè era un mio amico/E' morto sulla strada/Non ha mai posseduto abbastanza denaro/Per potersi pagare una stanza o una pensione/Ed era un mio amico/Me ne sono andato via in silenzio piangendo/Perchè non ho mai posseduto molto denaro/E non sono mai stato del tutto soddisfatto/Ed era un mio amico/Non ha mai fatto nulla di male/Un migliaio di miglia lontano da casa/E non ha mai fatto del male a nessuno/Ed era un mio amico/Ed ogni volta che ripenso a lui, oggi/Oh, Signore, non posso trattenermi dal piangere/Perchè era un mio amico".
    Invece le nuove liriche riscritte completamente e dedicate a Kennedy suonavano adesso così: "Era un mio amico/La sua uccisione non ha scopo/Nè motivo nè senso/Era un mio amico/Era nella città di Dallas/Da una finestra del sesto piano/un cecchino lo ha colpito/E' morto nella città di Dallas/Non ha mai conosciuto il mio nome/Anche se non l'ho mai incontrato/Lo conoscevo lo stesso/Era un mio amico/Guida di una nazione/In un periodo così prezioso/Era un mio amico".
    Un'altra opera di Dylan legata alla vicenda Kennedy è costituita dai cosiddetti "Kennedy poems".
    Si tratta di una serie di scritti in forma poetica (spesso frammenti incompleti) che Dylan scrisse tra il 1963 ed il 1964, subito dopo la morte di John Fitzgerald Kennedy. Queste poesie fanno parte di una serie di manoscritti, i "Moss & Margolis manuscripts", cioè un fascio di note, di appunti, di poesie e di scritti vari che Bob Dylan aveva lasciato a casa di qualche suo amico nel Greenwich Village a New York e che sono finiti poi nelle mani dei signori Moss e Margolis. La maggior parte delle poesie presenti in questi manoscritti, spesso appena abbozzate, chiaramente improvvisate e probabilmente trascritte in prima stesura per una successiva correzione e modifica, sono state poi pubblicate sulla rivista "Isis" e su altre fanzines. Vengono genericamente identificati con il termine "Manoscritti Margolis & Moss". Nel primo frammento Dylan si rivolge direttamente alla First Lady, la Signora Kennedy. E' curioso notare come Dylan inizi il suo scritto con le parole "Mrs. Kennedy" che richiamano subito alla memoria il precedente "Dear. Mrs Roosvelt" del suo idolo Woody Guthrie, componimenti in entrambi i casi rivolti alle due donne dopo la morte dei rispettivi mariti. Dylan scrive: "Signora Kennedy ... lei stava arrampicandosi in tutte e quattro ... L'ho vista, l'hanno pubblicata sul giornale...". Dylan si riferisce a quattro celebri fotografie scattate il giorno dell'assassinio di Kennedy a Dallas pochi secondi dopo i tre colpi di fucile esplosi da Lee Harvey Oswald in direzione del corteo presidenziale (secondo i sostenitori della "teoria del complotto" i colpi furono esplosi anche da un secondo cecchino appostato su una collinetta poco lontana dalla strada). Nelle quattro foto di cui parla Dylan (qui sotto ne riporto una) si vedeva la Signora Kennedy che, dopo gli spari e dopo aver visto il marito colpito, si arrampicava lungo il bagagliaio della Lincoln su cui viaggiava con il marito, tentando di scappare. Invece fu detto che la Kennedy stava aiutando l'uomo della sicurezza che si vede a sinistra nella foto a salire sull'auto. Dylan sottolinea nella sua poesia che la signora Kennedy stava cercando di uscire dalla macchina, non di aiutare uno degli agenti a salire. Dylan dunque contesta alla Kennedy ed ai giornali questo tentativo di farsi/farla passare per un'eroina e conclude il brano sostenendo che nessuno è un eroe e che era normale che la prima cosa che sembrasse logico fare in quelle circostanze fosse fuggire. Dylan scrive infatti: "Signora Kennedy lei non ha bisogno di scusarsi per il fatto che si trovava fuori sul bagagliaio negli attimi successivi al momento in cui suo marito è stato colpito. Tutti hanno potuto vedere quel che era successo, in queste fotografie, con i propri occhi ... perchè è stata distorta la verità di esseri umani? a che serve questa immagine eroica? nessuno è un eroe ...".
    Nel secondo frammento Dylan esordisce citando direttamente Kennedy ("Signor Presidente anche io mi tolgo il cappello di fronte a lei"), poi aggiunge "cercherò la mia verità..." ed ancora "qualcuno dice che ad ucciderlo sono stati in piu' di uno...". Il riferimento di Dylan è a quella che citavo prima come "teoria del complotto" che negli anni a venire avrebbe suscitato polemiche a non finire, una serie incredibile di libri e di articoli sull'argomento oltre al celebre film di Oliver Stone dal titolo "JFK". Secondo la versione ufficiale, a sparare a Kennedy quel giorno nella Dealey Plaza di Dallas mentre passava il corteo presidenziale, fu Lee Harvey Oswald, un ex marine americano che aveva vissuto per qualche tempo in Russia. Oswald era impiegato in un deposito di libri sito al sesto piano dell'edificio della Dealey Plaza da cui partirono i tre colpi. Al sesto piano di quell'edificio fu trovato un fucile di sua proprietà, un Mannlicher Carcano che, fu appurato, aveva sparato poco prima. Dei tre colpi il primo andò fuori persaglio centrando un ramo e colpendo di rimbalzo James Tague. Il secondo centrò Kennedy ferendolo alla schiena e alla gola e colpendo di rimbalzo il Governatore Connally (ferendolo ad un polso e ad una gamba) seduto nell'auto presidenziale davanti a Kennedy. Il terzo proiettile centrò Kennedy alla testa uccidendolo.
    Ma secondo i sostenitori della "teoria del complotto" l'uccisione di Kennedy era stata pianificata da qualcuno (il mandante) ad alti livelli (CIA, FBI, KGB, Castro, Mafia, ambienti politici, il Ku-Klux-Klan, i petrolieri, gli omosessuali, le ipotesi fatte sono innumerevoli) e quel giorno i cecchini nella piazza erano almeno due. Oltre ad Oswald, su di una collinetta erbosa poco distante ci sarebbe stato un secondo uomo che sparò verso l'auto presidenziale mancando il bersaglio. C'è chi sostiene che Oswald fu usato come capro espiatorio e nel film di Stone vi è una sequenza in cui viene appoggiata la mano del defunto Lee Oswald (ucciso dopo l'arresto da Jack Ruby in una centrale di polizia) sul calcio del fucile per lasciarne deliberatamente le impronte. I testimoni Sam Holland, James Simmons e Bill Dodd dichiararono di aver visto del fumo provenire da dietro una staccionata vicina. Altri testimoni parlarono di un uomo appostato, come detto, su di una collinetta erbosa. Alessandro Carrera nel suo libro "La voce di Bob Dylan" ipotizza in John Wesley Harding un riferimento a Kennedy ('Twas down in Chaynee County, A time they talk about, With his lady by his side...). "John Wesley Harding era un uomo onesto...", "...con la sua signora al fianco" (Kennedy aveva la moglie accanto nell'auto quando fu ucciso). Harding era anche il cognome del Presidente americano all'inizio degli anni venti.
    Un riferimento indiretto a Kennedy è anche sottinteso in "A Hard rain's a-gonna fall", scritta durante la crisi dei missili di Cuba, nell'ottobre del 1962, mentre le tensioni tra Kennedy e Khrushchev facevano temere una guerra nucleare.
    Scrive Gian Luigi Paracchini sul Corriere della sera: "Con la politica Dylan non ci piglia molto e il libro (La Voce di Bob Dylan) ricorda pure la sua clamorosa gaffe nel ’63 quando parlando all’assemblea d’un comitato liberal sull’assassinio di John Kennedy, s’identifica a tal punto (pur senza giustificarlo) con l’assassino Lee Oswald, da creare rumorosi disordini.
    Su questo argomento clicca qui per un articolo dettagliato.
    In quello stesso '63 L'FBI indaga su Bob Dylan e su altri cantanti come Phil Ochs. Dylan cita simpaticamente John Fitzgerald Kennedy anche in I shall be free quando canta: "Il mio telefono suonò all'impazzata, era il presidente Kennedy che mi chiamava./Disse, "Bob, amico, di cosa abbiamo bisogno per far crescere il Paese?"/Dissi, "John, amico mio, Brigitte Bardot, Anita Ekberg, Sophia Loren."(Mettile tutte nella stessa stanza con Ernest Borgnine! E il Paese crescerà...). In un'intervista rilasciata a "Rolling Stone" nel 1984 Dylan parla ancora di Kennedy e di altri presidenti americani: Domanda: "Così non credi esista alcuna differenza, ad esempio, tra Kennedy e Nixon? Non ha alcuna importanza?" - DYLAN: "Non so. Al giorno d'oggi è molto di moda definirsi "umanisti liberali". È una tale stronzata. Vuol dire meno che niente. Chi sarebbe il presidente migliore? Be', hai me. Non saprei dire quali sono gli errori della gente, nessuno è perfetto, certo. I Kennedy
    mi piacevano, tutti e due. E mi piaceva Martin Luther King. Quelle erano persone giuste e benedette. Il fatto che siano stati uccisi da una pallottola non cambia niente. Il bene che hanno fatto ha messo radici, continuerà a vivere più a lungo di loro". Dylan cita Kennedy parlando di The Times They Are A-Changin', una canzone scritta poco tempo prima dell'assassinio del Presidente e che sarebbe arrivata a significare sempre piu' nei mesi e negli anni che seguirono: "Questa era decisamente una canzone con uno scopo", disse Dylan. "Sapevo esattamente cosa volevo dire e per chi lo volevo dire. Volevo scrivere una grande canzone, sai, con brevi strofe concise che si accatastavano l'una sull'altra in un modo ipnotico... Il movimento dei diritti civili e il movimento della musica folk furono molto vicini e alleati per un po' a quel tempo. Tutti conoscevano quasi tutti gli altri. Ho dovuto suonare questa canzone la stessa notte che il Presidente Kennedy e' morto". Una curiosità: nel 1965 la rivista "Esquire" fece un'inchiesta nelle università americane per stabilire quale fosse la personalità più gradita in quel tempo, e il risultato furono i nomi di John Kennedy, Bob Dylan e Fidel Castro.


    Michele Murino


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    Diego Verdegiglio
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    mazzucco3
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    00 02/05/2005 11:20
    DIEGO, tu scrivi: "Guglielmo di Occam, filosofo scolastico del XIV secolo, spiega come, nella scienza, la spiegazione di un fenomeno sia immancabilmente la più semplice ed adatta. In caso di spiegazioni alternative per un fenomeno, conviene scegliere le più semplici e ordinarie e scartare quelle inadatte (o straordinarie)."

    Immagino sia per questo che tu scegli un ipotetico colpo di vento, che porta un ramo della quercia ad ostruire la visuale di Oswald, per risolvere l'enigma del colpo a vuoto, quando sarebbe così semplice spiegarlo con un secondo sparatore in Dealey Plaza?

    Già che si sono, approfitto per chiederti una cosa, se hai tempo. Non so se tu abbia trattato, nel tuo libro che sto lentamente macinando, la questione della presunta "quasi fermata" della limousine, prima di ripartire a tutto gas. Per ora non l'ho trovato, e non essendoci nomi propri a cui fare riferimento, non posso usare l'indice dei nomi. Nel caso, mi indichi perfavore le pagine?

    Grazie, ed a presto.

    Massimo




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    carmelo pugliatti
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    00 02/05/2005 13:46
    Sinceramente questa ossessione della quercia propio non la capisco.Magari il vento avesse portato quel benedetto ramo davanti ad Oswald altre due volte! P.S.a proposito di JFK e la musica ,può essere interessante sapere quali fossero i gusti musicali del Presidente.Kennedy amava moltissimo le canzoni tratte dai grandi successi di Brodway (come "Camelot")sopratutto quelli degli anni 30 e 40,inoltre adorava lo stile dei grandi "Crooner" come Frank Sinatra.La musica leggera contemporanea agli anni della sua Presidenza invece non gli interessava.Una volta definì il "Twist",che di tanto in tanto sua moglie ballava volentieri (ma l autentica passione di Jackie era la "Bossa Nova"),"confusione".Dubito che avesse mai ascoltato sino in fondo un brano di "Rock and Roll" o che avrebbe mai apprezzato i Beatles o Bob Dylan;non era quello il suo genere.
    carmelo pugliatti
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    Diego Verdegiglio
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    00 02/05/2005 15:15
    mazzucco3
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    02/05/2005 11.20 IP: Nascosto

    DIEGO, tu scrivi: "Guglielmo di Occam, filosofo scolastico del XIV secolo, spiega come, nella scienza, la spiegazione di un fenomeno sia immancabilmente la più semplice ed adatta. In caso di spiegazioni alternative per un fenomeno, conviene scegliere le più semplici e ordinarie e scartare quelle inadatte (o straordinarie)".Immagino sia per questo che tu scegli un ipotetico colpo di vento, che porta un ramo della quercia ad ostruire la visuale di Oswald, per risolvere l'enigma del colpo a vuoto, quando sarebbe così semplice spiegarlo con un secondo sparatore in Dealey Plaza?

    SEI DISTRATTO. IL MESSAGGIO SU OCCAM NON E' MIO, MA DI GIORGIO V.
    NON DESIDERO PIU' DISCUTERE CON TE LA FACCENDA DEL RAMO DI QUERCIA. STA DIVENTANDO A MIO AVVISO UNA TUA SCIOCCA PRESA DI POSIZIONE, DEL TUTTO INOPPORTUNA. NON E', INFATTI, IMPOSSIBILE RAGIONARE CON TE SU QUESTO ARGOMENTO. SEMPLICEMENTE, E' INUTILE.

    Già che si sono, approfitto per chiederti una cosa, se hai tempo. Non so se tu abbia trattato, nel tuo libro che sto lentamente macinando, la questione della presunta "quasi fermata" della limousine, prima di ripartire a tutto gas. Per ora non l'ho trovato, e non essendoci nomi propri a cui fare riferimento, non posso usare l'indice dei nomi. Nel caso, mi indichi perfavore le pagine?

    PER ADESSO, E VADO A MEMORIA, RICORDO DI AVER TRATTATO DELLA BRUSCA ACCELERAZIONE A P. 111, SE TROVERO' ALTRI RIFERIMENTI NEL MIO LIBRO TE LO FARO' SAPERE, ANCHE SE CREDO SAREBBE MOLTO PIU' PRODUTTIVO PER TE LEGGERE IL LIBRO DI POSNER, DI CUI, COME BEN SAI, IL MIO E' SOLO UNA FOTOCOPIA, IN ALCUNI PUNTI VERGOGNOSA. WILLIAM MANCHESTER, AUTORE DOCUMENTATISSIMO, SCRIVE (P. 214 DELL'EDIZIONE ITALIANA) CHE L'AUTO RALLENTO' TRA IL SECONDO E IL TERZO COLPO. POCO PIU' DI DUE SECONDI DOPO L'ULTIMO SPARO L'AGENTE CLINT HILL AVEVA GIA' IL PIEDE SUL PREDELLINO POSTERIORE E LE DITA INTORNO ALLA MANIGLIA POSTERIORE DEL COFANO (MANCHESTER, P. 215), QUANDO UNA BRUSCA ACCELERAZIONE FECE PERDERE LA PRESA AL PIEDE DI HILL, CHE RIUSCI' PERO' POCO DOPO A SALIRE SUL COFANO. MENTRE HILL RINCORREVA L'AUTO, FU INVESTITO DA SANGUE E TESSUTI DEL CRANIO DI JFK, COSA CHE NON INDICA A S S O L U T A M E N T E UNO SPARO LATERO-FRONTALE.

    Grazie, ed a presto.
    PREGO, FIGURATI.
    Massimo
    Diego





    Diego Verdegiglio
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    Diego Verdegiglio
    Post: 846
    Registrato il: 18/11/2002
    Veterano
    00 03/05/2005 03:22
    Caro Pugliatti,
    condivido la sua opinione sui gusti musicali di JFK. Nell'ottobre-novembre 1963 il fenomeno Beatles era già esploso, con un concerto fuori dai confini inglesi (Stoccolma)e le ragazze "fan(atic)s" dei quattro (già pazze per la nuova proposta della moda per l'estate 1964, la minigonna di Mary Quant) urlavano, si strappavano i capelli e svenivano. Non credo davvero che JFK apprezzasse, anche se lo immagino molto divertito dal fenomeno dei quattro irriverenti e scatenati ragazzi inglesi (ricordo un buon servizio televisivo di Gianni Bisiach sui Beatles di fine ottobre 1963 per "TV7"). Jackie ovviamente gradiva la musica europea: Tony Renis le insegnò "Quando quando quando" e Modugno "Nel blu dipinto di blu", poi passata alla storia col titolo, che non aveva in origine, di "Volare". Anche le canzoni napoletane le piacevano e le ascoltava volentieri durante le vacanze estive sulla costa campana e a Capri. Dopo l'uccisione di Kennedy mi rimasero nelle orecchie per tutto quell'inverno due canzoni di Joan Baez che mio fratello strimpellava con la chitarra, "We shall over come" e "Where have all the flowers gone". Credo che (a parte i "nostrani" Morandi, Celentano, Rita Pavone, Michele, Gigliola Cinquetti, Bobby Solo. I Pooh e i Nomadi erano neonati)siano rimaste la colonna sonora di quell'estate e di quell'autunno per la vita di tanta gente: mi vengono in mente ogni volta che vedo il filmato di M.L. King a Washington in agosto ("I have a dream...")e i funerali di JFK nella Capitale, con la bara imbandierata sull'affusto di cannone tirato dai cavalli. Grandioso anno, il 1963. Davvero.DV
    Diego Verdegiglio