00 03/03/2005 12:06
Mi hanno regalato i DVD di The Men Who Killed Kennedy, un'inchiesta fatta alla fine degli anni '80. Sapevo di cosa si trattasse, ma vi assicuro che raramente mi è capitato di provare tanto sconcerto nell'esaminare lavori altrui sul caso Kennedy. Senza alcuna decenza sono stati messi insieme testimoni mitomani come Gordon Arnold ed Ed Hoffman, interviste a un commosso Luke Mooney (il poliziotto che ispezionò il sesto piano del Deposito) e poi quell'assurdo lavoro dei "ricercatori" Gary Mack e Jack White, che trovarono uomini armati dappertutto dietro la staccionata usando tre macchioline di una Polaroid scattata da Mary Moorman.
Molti "testimoni" nel 1988 raccontavano fatti che, negli anni successivi, hanno modificato, ampliato, aggiustato a seconda del vento che tirava. Chi per vanagloria, chi per soldi, chi per darsi importanza, senza rendersi conto che speculare su un morto è pratica vergognosa. Cyril Wecht si è prodotto in un monologo delirante su un uomo che ha sparato un proiettile frangibile alla tempia di Kennedy: Wecht era un medico legale dello staff dell'HSCA, ed ha continuato a sostenere questa incredibile stupidaggine nonostante i suoi colleghi lo avessero sbugiardato, dicendo che sì, le prove di quello che dice non ci sono, ma le prove presentate sono state alterate, i filmati, le fotografie, le radiografie, i referti, tutto.
Non manca, poi, il colonnello Fletcher Prouty, che inanella una serie di "perle" da antologia. Ve ne dico una su tutte: filmano Main Street in Dealey Plaza e la voce fuori campo di Prouty si chiede: "Perché mai il corteo svoltò in Houston Street se poteva invece proseguire diritto lungo la Houston fino al Trade Mart?"
Il bello non è solo che chi conosce la mappa della piazza sa benissimo che non si poteva continuare diritto, perché c'era un senso vietato e uno spartitraffico alto mezzo metro da "saltare", ma è che il filmato stesso mostra le automobili che scorrono in ogni direzione tranne che in quella invocata da Prouty, perché ancora negli anni '80 quella manovra era vietata.
Prouty, poi, dice che è scandaloso aver fatto andare l'auto a meno di 40 miglia all'ora, soglia sotto la quale è obbligatorio dispiegare al massimo le forze di sicurezza per evitare attentati: dimentica che lungo la strada il corteo si era anche fermato, perché Kennedy voleva salutare alcune persone.
Insomma: da far cadere le braccia.
Tutto ciò è condito da un patriottismo d'accatto, in completa contraddizione con un palese sentimento di odio generale verso qualunque istituzione (compresi tutti i Governi del mondo, perché nessuno mai ha dato ascolto ai pettegolezzi cospirativi), dall'abuso vergognoso di parole come "prove", "scienza", "dimostrazione".
Da un lato, come piccolo ricercatore del caso Kennedy, mi sento sollevato: è l'ennesima prova che i "ricercatori" complottisti o sono in malafede o sono del tutto privi di raziocinio. Non solo: si producono in castronerie sin troppo facili da mettere a nudo. Dall'altro, però, penso ai milioni di spettatori e lettori che, da quarant'anni, sono bombardati da una pletora di cretinate e che non hanno voglia né tempo di andare a controllare se le "scoperte" dei complottari hanno una qualche base o se sono, invece, totalmente campate in aria. La cosa divertente è che proprio quei "ricercatori" che inneggiano alla libertà di espressione e di pensiero e che condannano la falsità delle istituzioni hanno messo in circolazione una serie infinita di bufale di fronte alle quali verrebbe da ragionare con i loro canoni: chi c'è dietro di loro? Perché raccontano quelle panzane? Sono pagati? Chi coprono? Se non altro li si metterebbe a tacere con le stesse loro armi.

Saluti

Federico Ferrero