00 22/04/2005 18:43
Avvicinandomi alla fine del lavoro per il nuovo johnkennedy.it c'è una riflessione che vorrei condividere con voi. In tutti questi anni non è mai stato facile ammettere certe cose ma, avendo sempre cercato di essere onesto con chi mi legge ma soprattutto con me stesso, è giusto spiegare.

Il dato di partenza è che il film di Oliver Stone, che oggi, a ragion veduta, è unanimemente giudicato come una bestemmia storica, è tuttavia il motivo per cui mi sono appassionato al caso Kennedy. Se nessuno avesse costruito una simile, colossale trovata hollywoodiana, non mi sarei certo procurato i volumi di una commissione di inchiesta americana che parla di poliziotti in motocicletta, coperte, scatoloni di libri, pacchi e di un patetico assassino di 24 anni.
Per quanto fosse importante il Presidente degli Stati Uniti ci sono centinaia di casi che presentano gli stessi problemi e la stessa, sterminata quantità di materiale ma mai mi verrebbe in mente di leggermi, che so, tutti gli atti processuali sulla morte di Patrick Lumumba.
L’aver reso un assassinio politico una questione tanto affascinante è, quindi, un “merito” di Stone, soprattutto per la mia generazione, che non visse gli eventi di persona. Anzi, una iattura: in fin dei conti devo ammettere di aver “perso” dieci anni dietro a una non-questione che, ripeto, non è meno importante rispetto ad altri innumerevoli accadimenti storici: se Stone avesse fatto un film su Galileo o su Giordano Bruno bruciato dall’Inquisizione forse, oggi, esisterebbe www.vivagiordanobruno.it e non www.johnkennedy.it.
Ormai, però, avendo trovato il bandolo della matassa, sarebbe stupido buttare tutto a mare: tanto vale spiegare come andarono le cose, sempre con la parola d’ordine che ha contraddistinto le intenzioni e lo svolgimento del lavoro: questa NON è una lotta pro o contro il governo americano, né italiano, né è una lotta politica, né è una sfida storica. C’è un caso di cronaca tremendo, oggettivamente affascinante. Qualche “affascinato” l’ha studiato e ha scoperto che tanti anni di ipotesi stravaganti non rispondono ai fatti. Per quel sentimento di giustizia che qualcuno avverte in maniera particolare diventa allora importante comunicare a chi la pensa diversamente (o a chi non conosce i fatti) la verità su quella singola vicenda. Senza implicazioni né analogie con altri omicidi, altri presidenti, altri fatti.

In seconda istanza (e questo lo dico per le tante lettere ricevute in merito), a dispetto del nome il sito non si occupa del Presidente Kennedy. Si occupa degli ultimi otto secondi della sua vita. Ecco: fossi in lui non sarei contento che in Italia un sito a lui intitolato non dedicasse una riga alla sua vita ma decine di pagine alla sua morte.
Ma questo (come ho risposto a chi mi ha scritto) è figlio del motivo per cui mi sono occupato del caso JFK, che non è, ahimè, JFK. Non considero JFK un mito. Né un martire. E’ stato un grande uomo politico morto tragicamente ma non ho mai studiato minuziosamente la sua vita, non sono appassionato di storia americana, non ho accumulato grandi conoscenze sulla sua dottrina politica. Dirò di più: “a pelle” non mi era simpatico. Bello, ricco, piacione, sostenuto da un padre a dir poco discutibile. Se in quell’automobile ci fosse stato Nixon e non Kennedy, oggi parlerei della morte di Nixon. E’ per questo che rifiuto a priori congetture politiche: fu il gesto di un folle, e Oswald avrebbe ucciso Nixon tanto quanto Kennedy (anzi, a maggior ragione Nixon).

In terzo luogo credo che sia tristemente vero come la disaffezione verso la politica e la sciocca volontà di ergersi a giudici della verità abbai creato un mostro a otto teste che, per esempio, nel caso Kennedy ha raggiunto dimensioni insuperate nella “cospirazione”. Migliaia di cospirazioni, tra loro inconciliabili e di per sé imbarazzanti per inconsistenza e fantascientificità, hanno creato un unico Leviatano: La Cospirazione. I suoi elementi contraddittori non si eliminanno l’un l’altro, ma finiscono tutti nel calderone: Oswald è innocente, o forse colpevole ma non sparò, o forse colpevole e sparò ma non da solo, o forse colpevole e sparò da solo ma con un mandante. O forse era altrove, forse era un agente Cia, forse c’era Fallace, forse sparò il signor Files, forse c’era la Mafia, forse Castro, forse Earl Ray, forse Hoover, forse la polizia, forse il Servizio Segreto, forse sparò la scorta.
Un mostro la cui fame non si sazia, e che continua ad allargarsi: c’è un secondo livello, la Cabal; c’è un complotto di Gongresso più Governo più Johnson più Warren più FBI e CIA più Marines più il Texas più i fascisti più la destra estrema più Cosa Nostra più…
Tanti di quelli hanno alimentato il Mostro non sanno assolutamente niente della presidenza Kennedy né interessa loro la storia americana. C’è una cospirazione, e tutto inizia (!) da quello. Sì, certo, poi c’è il morto, Kennedy, un martire, un eroe bla bla bla, ma quello che conta è la cospirazione. E’ contare i passi di Oswald verso il cinema, è vagliare se la risposta “potrebbe essere un Mauser” può essere compatibile o meno con un Carcano visto male o no. E’ paranoia, tecnicamente paranoia (e ne parlerò nel sito, con un testo molto interessante sulla paranoia cinematografica).
Oggi non è più importante star dietro all’ultima rivelazione, all’ultimo, povero dottor Crenshaw che si inventa una storia mai successa senza pensare allo squallore di speculare su un cadavere, o smentire l’amico di Ruby che dice che secondo lui Jack conosceva Oswald. Non serve scandagliare le parole di Marina Oswald per capire se Lee avesse un fucile in garage, o forse sì, o “la prova certa manca”, o intervistare un testimone oculare ottantenne che ricorda quattro colpi. Oggi importa saper riconoscere i mostri e diffidarne: forse ci si sente meglio, nel chiuso della propria stanza, ad “aver capito tutto” e a provare ribrezzo per quelle entità che sentiamo nemiche della (nostra) verità: chi i giudici, chi i governi, chi gli industriali, chi i sindacati. Tutti quelli che hanno “potere”. Ma è una concezione dell’esistenza profondamente sbagliata: non tanto perché non valga la pena di lottare per le proprie idee, anzi; ma perché, un po’ come quelli per cui “tutto è marcio, tutto è corrotto”, la vita si risolve in una crociata che non ha nemici, essendo tutti potenzialmente nemici.


Ho voluto offrirvi le mie impressioni: spero vi siano gradite.

Saluti a tutti
Federico
Federico Ferrero