00 07/11/2005 22:15
Quando uno o più giornalisti che, per solito, trattano di alieni e UFO, "scendono sulla Terra" per parlare di fatti di cronaca nascono articoli come quello pubblicato da www.edicolaweb.it, scritto da Maurizio Baiata e Pablo Ayo.
Ne ho sottolineato le parti più significative.


"Noi auspichiamo una libera circolazione dell’informazione". (J.F. Kennedy)

"La CIA è l’organizzazione più pericolosa e potente che esista al mondo". (Giudice Jim Garrison)

Secondo i sociologi, la spensieratezza e l’innocenza di un tempo ebbero termine, drammaticamente, a cavallo tra i Sessanta e Settanta. La Guerra del Vietnam, la morte di James Dean, di Marilyn Monroe, di Elvis Presley, l’omicidio dei Kennedy e di Martin Luther King, lo scandalo Watergate ne furono i principali responsabili. Addio "Happy Days", finiti i giorni della felicità e della fede incrollabile nei valori della patria, di Dio e della famiglia. La spontanea reazione dei giovani era già partita e nacquero il ‘68 ed i figli dei fiori, le proteste di piazza e il desiderio di un nuovo tipo di società.
In quale Paese si doveva aver fede, infatti? In quello che chiedeva a tutti i propri figli (anzi, solo a quelli socialmente meno abbienti) di andare a morire tra Hanoi e Da Nang solo per incrementare le bustarelle che gli alti papaveri di Washington intascavano dai grandi produttori di armamenti bellici, che si arricchivano con l’inasprirsi del conflitto? O al governo Nixon, che usava i soldi raccolti durante la campagna della rielezione per foraggiare agenti segreti incaricati di inventare scandali ai danni dei suoi avversari politici? Si doveva continuare a intonare "God Bless America" e a tenere alto il vessillo a stelle e strisce, come i marines sbarcati ad Okinawa, senza badare alle lunghe ombre di sospetto che l’assassinio di John Kennedy sollevava sopra le stesse strutture incaricate di vegliare sulla sua sicurezza? Non si poteva, ovviamente. Qualcosa si spezzò. Il dubbio si insinuò nell’allora ingenuo elettorato americano. E non se ne andò più via. Persino la granitica figura del Presidente degli Stati Uniti, attorno alla quale si stringeva idealmente il Paese, iniziò a sgretolarsi.
E rimase l’uomo, a tal punto che al giorno d’oggi nessuno sembra scandalizzato più di tanto neanche dalle prestazioni erotiche extraconiugali di Bill Clinton.
È la nostra storia, per strana che sembri.
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Uno, due, tre colpi. Poi il quarto ed il quinto. Spezzando costole, polsi, collo. John Fitzgerald Kennedy si piega in avanti, tenendo le mani sulla gola. La moglie Jacqueline gli è accanto, sembra non capire cosa accade. Fino al colpo finale, che porta via larga parte della calotta cranica e del cervello. Il volto della First Lady e il suo vestito rosa sono macchiati di sangue. Buon sangue irlandese, coraggioso e ribelle, ora bagna l’interno della limousine.
John Kennedy era consapevole di essere nel mirino dei servizi segreti. "Un giorno qualcuno mi ucciderà - soleva dire - All’aperto, nella confusione di un corteo. Sarebbe il momento migliore. Fucili ad alta precisione dall’alto di un palazzo...".
La teoria ufficiale del governo, che indica come unico responsabile della morte del Presidente Kennedy il capro espiatorio Lee Harvey Oswald, fa acqua da tutte le parti. Oswald, elemento a contratto dei servizi segreti americani, addestrato in Unione Sovietica, frequentava i salotti di Clay Shaw. Lo stesso Shaw che, con lo pseudonimo di Clay Bertrand, gli pagò l’avvocato difensore Dean Andrews dopo il suo arresto. Volendo approfondire il caso Oswald, vale il film-denuncia di Oliver Stone "JFK: un caso ancora aperto". Vi si legge la verità: sull’omicidio di JFK è stato fatto il più comprovato cover-up americano di tutti i tempi. La spietata esecuzione di Kennedy fu il frutto di un fuoco incrociato da almeno tre punti di sparo, non certo opera di un cecchino solitario appostato in un palazzo alle spalle del Presidente. Oswald non avrebbe mai potuto crivellare di colpi la limousine presidenziale in pochi secondi, con un vetusto Mauser 7.65 a colpo singolo (altri sostengono si trattasse di un fucile di fabbricazione italiana, il Carcano), né avere l’autorità per ridurre al minimo la scorta presidenziale, quel giorno. Erano precisi ordini della CIA.
Oswald venne arrestato un’ora dopo il delitto e morì misteriosamente nella stessa centrale di polizia, ucciso da Jack Ruby, un uomo fermato da alcuni agenti perché "visto smontare un fucile vicino al luogo del delitto". Ruby prendeva soldi dalla CIA, per motivi non chiari. Prima di morire in cella, per un tumore allo stomaco, Ruby dichiarò di conoscere la verità, ma che se la sarebbe portata nella tomba.
I veri motivi della morte di Kennedy forse li ha scoperti il ricercatore John Lear. Ex agente CIA e pilota collaudatore famoso per aver divulgato il presunto accordo USA-ET, noto come "patto scellerato", Lear da tempo sarebbe entrato in collaborazione con un ex ufficiale della marina USA, tale Milton William Cooper. Durante il suo servizio a bordo di sottomarini nucleari, Cooper avrebbe preso visione di documenti del MJ-12 in cui si dichiarava che Kennedy aveva deciso di rivelare al pubblico il segreto dell’esistenza degli UFO e della loro presenza sul suolo americano. Secondo i documenti visionati da Cooper, fu il Majestic 12 a dare l’ordine di uccidere il Presidente Kennedy.
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Il giudice Jim Garrison, ex Procuratore Distrettuale di New Orleans, scomparso alcuni anni orsono, era sicuro che la morte di John Kennedy fosse stata organizzata dagli stessi servizi segreti incaricati di proteggerlo. "La CIA è l’organizzazione più pericolosa e potente che esista al mondo", affermava. Per Garrison l’uomo d’affari Clay Shaw era stato, se non l’ideatore, perlomeno l’organizzatore materiale dell’attentato. Ricco industriale di New Orleans, dal passato torbido e dalle amicizie influenti, Shaw era stato pesantemente coinvolto con i fatti della Baia dei Porci, essendo stato "de facto" uno dei finanziatori dell’azione e solo dopo la sua morte venne confermata la sua appartenenza al libro paga della CIA. Già nel 1945 Shaw era integrato nei reparti dell’OSS, l’intelligence dell’esercito in cui aveva lavorato anche il colonnello Corso, e posto a capo dell’operazione "Paperclip", il cui scopo principale era quello di trovare tutti i progetti nazisti concernenti gli studi di nuove armi, i prototipi ed eventualmente gli scienziati coinvolti, per poi portarli in gran segreto dalla Germania in America. Tali fatti risultano agli atti da documenti parzialmente declassificati nel 1973 e tra gli scienziati tedeschi trasferiti negli USA figura anche Wernher von Braun, creatore delle mortali V2 naziste prima e del progetto Apollo dopo. Quello che i documenti non dicono è che tra i progetti del Reich figurava un mezzo volante di nuova concezione, terribilmente simile ad un disco volante, forse desunto dallo studio di un UFO precipitato. Quindi Clay Shaw, uomo della CIA, era collegato a triplo filo con la retroingegneria di UFO, con l’invasione di Cuba e con l’omicidio di Kennedy. Posizioni e mansioni così differenziate e delicate da far presupporre l’appartenenza di Clay Shaw a un gruppo ombra come il MJ-12, il "Cabal" (nella denominazione datagli dal dottor Michael Wolf) o i più potenti "Black Monks". Ad ogni modo, Garrison aveva fatto centro portandolo in giudizio. Ma non riuscì ad incriminarlo, dato che i testimoni dell’accusa avevano il brutto vizio di morire o svanire poco prima di essere chiamati a deporre. Vecchi sistemi. Ma funzionali. Jim Garrison stesso subì delle ritorsioni per aver osato tanto: minacce, un procedimento legale (che vinse), diffamazione. Pur non essendo riuscito pienamente nell’intento di fare luce sull’omicidio Kennedy e rendere giustizia al Presidente ucciso, Garrison ottenne qualcos’altro. Fece aprire gli occhi ad un’intera generazione, diede voce a chi era presente a Dallas e vide come si svolsero realmente i fatti. C’era stato un cover up, tutti se ne convinsero. È vero, il processo contro Clay Shaw fu uno dei momenti in cui l’America si accorse di aver perso il senso del "New Deal" rooseveltiano, l’entusiasmo del primo dopoguerra, o la fiducia nei suoi leaders, nello Stato, nelle torte di mela e nella bandiera a stelle e strisce. Ma la crescita è un processo doloroso, che può essere affrontato solo guardando in faccia la realtà. Forse non è piacevole, ma solo comprendendo lo stato delle cose possiamo rimboccarci le maniche e lottare per ottenere un mondo migliore. Lo stesso per cui Kennedy è morto, e nel quale credeva.
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Fra i manoscritti del compianto Philip Corso c'è un fitto fascicolo dedicato alla Warren Commission, la farsesca messinscena giuridica con la quale si conclusero le investigazioni ufficiali sull'omicidio Kennedy. Corso ne avrebbe voluto fare un libro da dare alle stampe al più presto. Nel 1964 Corso prese parte alla Commissione Warren in qualità di assistente investigativo del senatore Russel. La commissione Warren, istituita dal presidente Lyndon B. Johnson, per investigare sull'omicidio del Presidente John Kennedy, era costituita dai seguenti membri: Earl Warren, i rappresentati Hale Boggs e Gerard Ford, i senatori Richard Russel e John S. Cooper, Allen Dulles e John McCloy, avvocato ed ex-presidente della World Bank. Divulgato nel Settembre 1964, il rapporto Warren concludeva che né il presunto assassino Lee Oswald né il suo assassino Jack Ruby parteciparono ad una cospirazione. Il rapporto criticava l'FBI e il Secret Service e raccomandava emendamenti alla sicurezza presidenziale. Per Corso l'assassinio Kennedy racchiudeva elementi che nulla avevano a che fare con il problema UFO/ET, quanto il rafforzamento di una strategia della tensione nel sud-est asiatico, che prevedeva un maggior impiego di uomini e mezzi, cui il Presidente si opponeva. Già due anni prima della morte di Kennedy, nel corso di un briefing al Pentagono - ci ha rivelato lo stesso Corso personalmente - la guerra del Vietnam dal Pentagono veniva considerata ormai persa. Ma doveva continuare. A costo di un pur enorme sacrificio di vite umane, a fini tecnocratici. "Era scontato, la guerra nel Vietnam sarebbe stata una guerra politica, combattuta dagli specialisti della disinformazione della CIA e nell'oscurantismo più totale" - scrive Corso nel libro "Il Giorno dopo Roswell", pag. 206.


Trovo che superi tutto, comunque, la citazione congiunta di Garrison e Kennedy. Chissà cosa ne penserebbe il Presidente: messi nello stesso calderone, anzi, a braccetto.

Saluti
FF
Federico Ferrero